Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 29 maggio 2012 Una chiesetta, un ospizio per dare ricovero ai viandanti, alcune abitazioni stagionali ed un piccolo hotel realizzato da un vero “pioniere del turismo”: così appariva ai viaggiatori inglesi e tedeschi la “Santa Maria in Campiglio”, oggi Madonna di Campiglio, nell’estate del 1872, quando la piccola località ospitava la nascita di un club di “alpinisti della Sarca”, la Società alpina del Trentino, la SAT che con 27 mila soci è oggi la più numerosa ed organizzata associazione del Trentino. Il Brenta era lì davanti, immenso e severo. Bellissimo. Come oggi, nonostante i continui sfregi che si sono perpetuati nel corso dei decenni. Le pareti verticali e dorate, le vedrette luccicanti e, più in basso, perché le rocce non trattengono l’acqua in quota come nel prospiciente Adamello, alcuni laghi diamantini: Tovel, col suo velo rosso; Molveno, coi riflessi turchesi; Agola, tinta smeraldo… Troppo bello e troppo importante il Brenta per non diventare un “patrimonio dell’umanità”: agli inizi del ‘900 con le proposte di parco nazionale, poi col Pup del ’67 che ne fissava la conservazione, quindi con la legge parchi del 1988 ed infine con il riconoscimento Unesco del 2009. Ma le “esigenze” del mercato chiedono continuamente sangue. E così lo si è sfregiato ed umiliato qua e là, per ultimo a Plaza, Cavradoss e Fogajard. Ma non è stato sufficiente. Ora lo si vorrebbe “arricchire” di un nuovo lago, ma questa volta artificiale, ai Montagnoli, poco a monte dell’area prativa di Campo Carlo Magno. Le esigenze sono note e persino comprensibili. Gli inverni sempre più bizzarri chiedono programmazione nell’innevamento delle piste e questo determina la necessità, per gran parte delle stazioni sciistiche, di investimenti per creare bacini di accumulo d’acqua da utilizzare in inverno. Così abbiamo visto realizzare un po’ ovunque nuovi laghi e laghetti, ma anche prelevare direttamente l’acqua necessaria da bacini naturali o pseudo-naturali, come a Molveno o ai Monticelli di Presena. Anche Campiglio reclama dunque il suo bacino di stoccaggio, per ogni evenienza, nonostante la “perla del Brenta” sia uno dei luoghi più fortunati del Trentino, poiché le condizioni geografiche quali l’altitudine, la vicinanza ai tremila dell’Adamello-Presanella, le correnti in quota che sono trascinate lungo la faglia delle Giudicarie e che attraversano i passi, garantiscono spesso qui più che altrove la presenza della neve, quando serve. Ma il clima cambia e con esso cambiano anche le esigenze degli uomini. Si ipotizzò negli anni scorsi un nuovo lago nella piana di Nambino, ma gli stessi campigliani doc inorridirono al solo pensiero. Del resto, la presenza di antichi problemi geologici faceva sorgere timori anche in ordine alla stabilità del bacino. Oggi è la volta dei Montagnoli, sul versante opposto. Non un intervento estetico. Sette ettari, con un ingente esbosco, con la necessità di livellare ed impermeabilizzare le conche e le doline carsiche del versante calcareo. Serve davvero? Ovviamente sì, per chi lo ha richiesto. Forse no, per il Parco naturale Adamello-Brenta. Il quale, forse ancora “scottato” dal parere favorevole al collegamento Pinzolo-Campiglio si è ricordato di che cosa significhi “fare il Parco” e dunque della necessità vitale di tutelare l’ambiente ed il paesaggio prima di fare ogni altra cosa. Nell’istruttoria per la valutazione di impatto ambientale dell’opera, infatti, il Parco Adamello-Brenta che pure ha inserito il 23 aprile scorso nella variante al programma annuale di gestione, con una contestata delibera del proprio comitato, la previsione di questa nuova opera, ha promosso un approfondimento di carattere tecnico per verificare la percorribilità di soluzioni alternative. Soluzioni che sono state puntualmente individuate ed inserite in un parere ufficiale trasmesso alla Giunta provinciale. In parole povere, per il Parco il Lago ai Montagnoli non s’ha da fare. Ma poiché il Parco vuole riconoscere le legittime necessità della società Funivie Madonna di Campiglio si è adoperato per trovare la soluzione alternativa, in grado di evitare la costruzione del nuovo lago, di risparmiare evidentissimi danni ambientali e paesaggistici e addirittura capace di far risparmiare risorse economiche alle funivie ed all’ente pubblico. L’alternativa si chiama Lago Ritorto (o Ritort). Già, uno dei mitici “5 Laghi” di Campiglio, versante Presanella, il quale venne “alzato” di un paio di metri già negli anni ’60, per esigenze idroelettriche. Si creò così un surplus di circa 182 mila metri cubi, circa un sesto del volume idrico complessivo (guarda caso, più o meno l’acqua che sarebbe ospitata dal laghetto ai Montagnoli). Come dire, un laghetto artificiale “sopra” un laghetto naturale. Va detto che le norme trentine del PGUAP sono particolarmente severe e, pare, non prevedano “ad una interpretazione restrittiva” possibilità di “sfruttamento” a fini industriali – sempre che l’innevamento programmato non sia considerato un intervento di “pubblico interesse” - di bacini idrici naturali in aree protette o sopra una certa quota. Già, ma le norme sono sempre “interpretabili”. Il Parco sostiene la sua tesi portando esempi concreti di situazioni simili o addirittura ancora più delicate rispetto a quello che potrebbe avvenire utilizzando il volume idrico del “sopralzo” del Lago Ritort. Gli esempi sono quelli del Lago Scuro del Mandron, posto ad oltre 2600 metri in “riserva integrale del parco” nella Val Genova (ma l’utilizzo di queste acque sarebbe contemplato dall’articolo 9 del PGUAP poiché avrebbe finalità diverse rispetto all’innevamento programmato, che peraltro viene sostenuto ovunque in Trentino in quanto considerato un investimento di “pubblico interesse”, ma è da considerarsi di pubblico interesse anche l’acqua che entra negli impianti per l’innevamento programmato?); e quello dei “Monticelli” di Presena, con l’acqua del quale viene “sparata” la neve artificiale sulla vedretta omonima nel SIC (area protetta) della Presanella. Nei due casi citati si parla, rispettivamente, di prelievi nell’ordine dei 167 mila e dei 200 mila metri cubi annui massimi. Conclusione. E’ chiaro ed innegabile il diritto delle funivie di assicurarsi una quantità d’acqua da poter impiegare in situazioni di emergenza ovvero per programmare al meglio la propria attività ed i propri investimenti, anche a tutela dell’occupazione e delle attività economiche e turistiche dirette ed indotte. E’ altrettanto evidente il dovere dell’Ente pubblico – Parco compreso – di collaborare con il richiedente per cercare di trovare la soluzione più adeguata alla richiesta in tempi ragionevoli. Valutando dunque l’interpretazione dell’articolo 9 del PGUAP in modo da massimizzare la tutela dell’ambiente naturale, tenendo conto delle variabili in gioco. In altre parole, le norme possono essere interpretate affinché sia ridotto l’impatto ambientale complessivo; è inutile impedire la realizzazione di un’opera da una parte, sollevando la questione dell’impatto ambientale, se poi la si autorizza da un’altra parte generando un impatto ancora maggiore. Ma per chiunque abbia minimamente a cuore il futuro delle montagne del Trentino ed in particolare della montagna per antonomasia dei trentini costituita dalle Dolomiti di Brenta, la sola “idea” di realizzare un lago ai Montagnoli costituisce un esempio da manuale di “proposta irricevibile”. Bene ha fatto, dunque, il Parco Adamello-Brenta a cercare una soluzione alternativa. Che però a questo punto va valutata attentamente dal punto di vista naturalistico e scientifico. Va però aggiunto che tra le alternative si può anche rubricare la possibilità di non toccare nemmeno il Lago Ritort. Non basta dunque affermare: “quei 200 mila metri cubi prendeteli da un’altra parte…”. Occorre valutare anche tutte le soluzioni alternative. Come ad esempio la creazione di bacini di piccole dimensioni in prossimità dei luoghi di utilizzo e meglio inseriti nel territorio; come la sostituzione di “cannoni” ad elevato consumo idrico con altri a consumo minore; come l’adozione di piani per l’innevamento programmato; come l’investimento in “intelligenze” capaci di consigliere se e quando innevare artificialmente. Abbiamo visto milioni di metri cubi di neve artificiale e di euro pubblici sciogliersi sotto la pioggia o sotto il sole per il semplice motivo che sono state innevate piste costruite in posti od in modi sbagliati, oppure in momenti climaticamente sconvenienti, quando sarebbe stato sufficiente aprire la finestre per capire l’evoluzione del meteo. Abbiamo persino dovuto assistere all’innevamento con l’elicottero realizzato da una società impiantista partecipata dalla Provincia. Insomma, esistono probabilmente soluzioni alternative e forse sono pure più convenienti dal punto di vista ambientale ed economico. E di questi tempi, non c’è attività economica che non contempli anche conseguenze ecologiche. E viceversa. Ciò premesso il Consiglio impegna la Giunta provinciale 1. a considerare “non percorribile” la costruzione di un bacino idrico artificiale ai Montagnoli di Ragoli nelle Dolomiti di Brenta “Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco”, a monte di Madonna di Campiglio a causa dell’eccessivo impatto ambientale e paesaggistico e della evidente compromissione degli equilibri ecologici del territorio; 2. a valutare, con la società Funivie Madonna di Campiglio e con il Parco naturale Adamello-Brenta, l’individuazione entro tempi ragionevoli di soluzioni alternative, con o senza la costruzione di nuovi bacini di accumulo e con o senza l’utilizzo, anche solo parziale, di risorse idriche accumulate nei laghi in quota; 3. a considerare, anche aldilà del caso di Madonna di Campiglio, la possibilità di interpretare le norme del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP) con una certa flessibilità, tale da massimizzare la tutela dell’ambiente naturale e da ridurre contemporaneamente l’impatto complessivo delle opere che sono sottoposte a procedura di valutazione d’impatto ambientale (VIA); 4. a promuovere con le istituzioni scientifiche, compresa l’università, e con il pieno coinvolgimento degli uffici provinciali studi ed analisi per ottimizzare l’impiego delle risorse idriche necessarie all’innevamento programmato, anche al fine di ridurre il prelievo d’acqua dall’ecosistema, di contenere l’impatto ambientale e paesaggistico di questa attività e di risparmiare risorse economiche degli operatori privati e dell’ente pubblico, avviando proprio dalla stazione sciistica di Madonna di Campiglio un progetto pilota replicabile successivamente nelle altre stazioni sciistiche trentine. Cons. Roberto Bombarda
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